Dubliners: a Dublino si beve. Tanto.

Dimenticatevi l’Ulisse. Dubliners, Gente di Dublino, pubblicato nel 1914, è forse quanto di più lontano dalla soggettività interiore dell’Ulisse: tutti i suoi personaggi concorrono alla descrizione sociale di Dublino, soggetto collettivo. Una raccolta di 15 racconti, ciascuno sotto le venti pagine: comodissimo per chi decide di leggerlo nei ritagli di tempo, visto che in una ventina di minuti si chiude un arco narrativo completo (sempre che riusciate ad avere a disposizione venti minuti filati di tranquillità). Completo però solo nel senso che finiscono le parole e nella pagina accanto ci sta un nuovo titolo, perché definire “completi” i racconti di Joyce, nel senso convenzionale del termine è un po’ azzardato: quasi sempre siamo introdotti in una storia che rimane in sospeso, a volte senza svelarci il suo esito finale.

dublin-dubliners-james-joyceDall’adolescenza alla vecchiaia, la gente di Dublino è debole, tendenzialmente invidiosa, scialba e preda dei vizi.  Proprio la descrizione a cui tutti aspirano. La violenza e le dipendenze fanno parte di una comune quotidianità, e perdono il loro carattere di eccezionalità. Tutti i dubliners vivono in modo misero, per motivazioni economiche, affettive o familiari, ed è sufficiente una foglia che cade perché si rendano conto di essere, il più delle volte, intrappolati, e incapaci di uscire. Paralisi psicologiche che li legano a una profonda insoddisfazione. Ed è violenta la contraddizione tra quello che vorrebbero fare e quello che poi in realtà , quasi senza l’autorizzazione della propria coscienza, si troveranno a fare.

Tutti, poi, a Dublino bevono, e tanto: in ciascuna storia, Joyce ci infila un ubriacone, un alcolista, o qualcuno che, invariabilmente, anche se non ha mai bevuto in vita sua, proprio in quel momento decide di ubriacarsi: problema sociale, o pubblicità dell’irresistibile birra irlandese?

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