56 racconti per l’investigatore con la pipa

Quest’anno mi è presa la febbre di Sherlock Holmes, quindi ho avuto la brillante de di farmi regalare un volume di 1300 pagine contenete tutti i 56 racconti pubblicati da Doyle tra il 1892 e il 1927 sullo Strand Magazine. Alla comodità di poter leggere i singoli racconti nei ritagli di tempo (leggi: sull’Atac), si è perciò affiancata la scomodità di portarsi appresso circa un chilo di carta.

Posso dire con sommo orgoglio che verso la fine sapevo intuire quando, dietro a uno sbadato sconosciuto che si scontrava con il buon dottor Watson (circa una volta ogni tre racconti, il che fa supporre una buona resistenza fisica del dottore) si celava il caro vecchio Holmes: alla creatività dimostrata da Doyle nel momento di ideare nuove trame si accompagna una certa ripetitività nella struttura e negli espedienti narrativi. Quasi tutti i racconti iniziano con uno sconosciuto che piomba al 221B Baker Street, racconta quello che gli è successo, poi Holmes lo guarda, risolve il caso già nel salotto di casa sua e poi parte per un sopralluogo che serve solo a confermare la sua teoria, esposta poi nel lungo monologo finale. Risultati immagini per racconti sherlock holmes

 

Una struttura giustificata dall’originaria pubblicazione sul giornale, ma che stona abbastanza se inserita in un libro: il consiglio sarebbe di leggere un racconto ogni tanto, e assaporarlo per bene perchè è anche possibile che, una volta compreso il meccanismo di narrazione di Doyle, voi possiate arrivare alla soluzione prima ancora che ve la dica Holmes.

Ultima specifica: leggetelo se vi piacciono i gialli, ma anche se vi piace a storia, specialmente quella sociale e culturale, perchè potrete piacevolmente conoscere la Londra e l’Europa del tardo periodo Vittoriano: carboneria italiana, colonialismo, militarismo, e negli ultimi racconti respirate i venti della Prima Guerra Mondiale.

P.S. Scriverei un libro intero per recensire questa raccolta di racconti, ma poi Doyle mi ucciderebbe per aver dato così tanta importanza al suo personaggio.

Sherlock Holmes: quando la logica lascia spazio alla fantasia (e non dovrebbe)

Arthur Conan Doyle voleva liberarsi di Sherlock Holmes, davvero: lo aveva fatto precipitare dalle cascate di Reichenbach con il suo acerrimo nemico, il professor Moriarty, quasi dieci anni prima, ne L’ultima avventura, pubblicata nel 1893. Inutile dire che il successo del personaggio di Sherlock Holmes lo aveva sottratto alla penna del suo stesso creatore, e nel 1902 Doyle fu praticamente costretto a far resuscitare il detective più famoso della Londra Vittoriana.

Non ve la prendete Mrs. Hudson, io a stento appaio in quella del cane

La trama del Mastino dei Baskerville si può riassumere con queste irriverenti parole che il detective pronuncia in L’abbominevole sposa, puntata speciale della serie Sherlock (BBC). Holmes praticamente non compare, se non alla fine: affida l’intero caso al suo amico, il dr. Watson, salvo poi seguirlo in incognito nascondendosi dentro una grotta, divertendosi a osservare e pedinare il suo esimio collega.

mastino

Il Mastino dei Baskerville, pur essendo tra i racconti più famosi, in realtà si discosta dall’impostazione logica delle altre storie, scivolando in un’atmosfera onirica. A Dartmoor, Charles Baskerville viene ritrovato morto. Un’antica leggenda oscura narra che una maledizione gravi sulla famiglia fin dai tempi del fondatore, Henry Baskerville, che, sorta di ex Ramsey (Il Trono di Spade), ha inseguito con i cani una ragazza che lo interessava, salvo finire sbranato egli stesso da un cane. Questa atmosfera tremebonda si risolve, scusate lo spoiler, in un banalissimo caso di eredità e successione, nonostante Holmes ci delizi  con le sue peculiari doti deduttive.

Chiaramente se siete in fissa con l’affascinante detective amerete questo racconto, ma d’altra parte lo adorereste anche se fosse illeggibile, ma se volete entrare per la prima volta nel mondo di Sherlock Holmes, vi consiglio vivamente di non farlo da questa porta. È troppo fantasiosa.

L’Assiro: indietro nel tempo in Mesopotamia

Cercavo una lettura leggera, e sono incappata in un libro di oltre ottocento pagine: L’Assiro aveva un titolo troppo invitante per non finire immediatamente nella mia borsa. Torniamo indietro di circa 2700 anni, non in Egitto, nè a Roma, nè in Grecia: abbiamo così già scartato le tre ambientazioni più inflazionate nei romanzi storici. Quando Roma  non era che un villaggio di pastori puzzolenti,  l’impero assiro, proprio quello a cui sono dedicate più o meno tre righe nei libri di storia, domina sul Tigri e l’Eufrate. Se vi aspettate di trovarvi però grandi affreschi su questa cultura esotica, probabilmente resterete delusi. Tranne qualche sporadico termine, e la citazione di un vino o un cibo particolare, Guild non si perde troppo a descrivere usi e costumi assiri.

l'assiroL’Assiro, scritto in prima persona, consiste nella lunghissima e pacata narrazione della vita di un principe reale della corte assira,  Tiglath Assur,  che sullo sfondo del periodo d’oro del regno di Assur, attraversa guerre, battagli e e intrighi, e si tormenta a causa del suo amore impossibile: la moglie di suo fratello, Esharhamat. La storia d’amore che sboccerà tra le pagine del romanzo, ve lo assicuro, vi coinvolgerà sicuramente più di uno dei tanti romanzi rosa contemporanei. Se Guild non è esattamente un grande storico, è un grandissimo narratore, che costruisce una storia piacevole, adatta ad accompagnarvi per molto tempo, possibilmente da leggere quando siete a casa, visto che il libro pesa quanto un simpatico mattoncino di piombo. The end? Ovviamente no: quando la narrazione sembra ormai serenamente conclusa, con tre righe Guild vi dice che ci sta tutta un’altra storia pronta ad accogliervi: Ninive, in cui Tiglath continuerà a stupirci con la sua capacità di sopravvivere miracolosamente a ogni tipo di disastro catastrofico e sicuramente mortale, come il più classico degli eroi.

Les Misérables: tre linguaggi in 150 anni

Les Misérables è probabilmente uno di quei titoli grandiosi che vi rincorrono fin dalle scuole medie, come i Malavoglia, o Guerra e Pace, e fanno parte di quella immensa schiera di romanzi che tutti dicono di aver letto, ma che nessuno ha mai aperto. Partiamo dal necessario presupposto che Les Misérables è un romanzo del 1862, per di più appartenente alla corrente realista, e perciò per sua definizione è privo di colpi di scena e amori improbabili. Considerate che circa cento pagine sono solo sulla descrizione puntigliosa della battaglia di Waterloo. Cosa c’entra con la trama? Ma assolutamente niente: un personaggio ci passa vicino e Victor Hugo decide che a voi interesserà enormemente passare le prossime due ore della vostra vita a parlare di Waterloo. Stesso discorso per le fogne di Parigi, altro argomento di fondamentale importanza per lo svolgimento del racconto.

Ma(ci sta un ma) Les Misérables è meraviglioso. Non solo se siete degli appassionati di architettura fognaria, ma anche se siete alla ricerca di un grande romanzo. Le storie di Jean Valjean, Fantine, Cosette, Marius ed Éponine non sono intessute di drammaticità: non ne hanno bisogno, perché sono in se stesse tragiche. L’ascesa verso la redenzione e la discesa nell’abiezione non hanno bisogno di parole elaborate per coinvolgere emotivamente il lettore. D’altra parte, è necessario che vi accostiate a questo romanzo in un momento di relativa tranquillità, possibilmente quando avrete la possibilità di gustarvelo, perché non è un romanzo d’evasione, né un libro semplice da leggere, e forse qualche volta dovrete anche costringervi a proseguirlo.

In ogni caso, potreste ripiegare sul Musical:

Ma state certi: alla fine ve ne innamorerete, e se non ve ne siete innamorati, almeno date una seconda chance alla storia vedendone l’adattamento cinematografico del 2012 (c’è Eddie Redmayne nella parte di Marius, e solo questo vi dovrebbe convincere a scaricare il film).

Cronache marziane: sapevate di chiamarvi marziani?

La colonizzazione di Mare è stata probabilmente tra le prima trame fantascientifiche ad essere immaginata. Il dettaglio assolutamente non trascurabile è che ci sono migliaia di modi di intenderla e raccontarla. In Cronache Marziane, Ray Bradbury  più che narrare l’invasione del pianeta rosso, ci racconta la colonizzazione dell’America in chiave cosmica: Mayflower, Padri Pellegrini e Nuovo Mondo sono termini che ritroviamo più o meno ogni tre righe. Bradbury fonda la storia con la fantascienza, rifunzionalizzando le figure mitiche dell’America delle origini. cronache marziane.jpg

Inizialmente, lettore o lettrice, ti chiederai dove sia la genialità in questa raccolta di racconti che inizia come uno dei peggiori racconti di fantascienza da bancarella, con marziani antropomorfi e razzi d’acciaio. Non so quale racconto ti illuminerà sull’acutezza di questo testo, ma prima o poi succederà sicuramente, e se pure non riuscirai a restare colpito dalle trame, sicuramente lo sarai dallo stile evocativo, e dal lessico che, parola dopo parola, ti costruirà davanti al naso scene degne di Steven Spielberg  o Stanley Kubrick.

Cronache Marziane unisce 28 racconti e questi, con il loro formato breve, consentono allo scrittore di spaziare tra i più diversi temi senza che il libro risulti incoerente: l’unitarietà del testo, infatti, è delegata al contesto, più che alla trama. I racconti toccano temi come la religione, la scienza, la società, e come nella migliore fantascienza,  ammantando il tutto di una vena etica e morale, sollevando riflessioni che non potrete accantonare nella vostra disordinatissima libreria come farete con il testo quando avrete girato l’ultima pagina.

Origin: il “terrificante” futuro che già conoscete

Evidentemente è destino che mi imbatta in libri attirata dal nome dell’autore per poi scoprire che sono anni luce lontani dai capolavori precedentemente firmati da quegli stessi scrittori (Nemesis, ricordate?).  Uscito nel 2017, Origin è l’ultimo mattoncino di Dan Brown acquistabile al modico prezzo di 21,50 euro.

CONSIGLIATISSIMO IL TASCABILE: l’edizione con la copertina rigida pesa più o meno coma il vostro zaino delle elementari.

L’ormai famoso professor Robert Langdon viene invitato al Museo Guggenheim di Bilbao: un suo vecchio studente, ora ovviamente multimiliardario, sta per rivelare al mondo una sensazionale scoperta capace di scuotere le fondamenta di tutte le religioni, ma, casualmente, viene ucciso prima che possa aprire bocca. Sta ora al professor Langdon scoprire l’oggetto di questa scoperta e svelarlo alla plebe. Lo seguiamo per oltre quattrocento pagine insieme al supercomputer Winston e ad Ambra Vidal, bellissima, indipendente e per non farsi mancare niente anche futura regina spagnola. Ora, Origin ha due pecche enormi.

La prima è che originLangdon, esperto di semiotica e simbolismo, semplicemente cerca: non ci sono codici da decrittare, o complicate combinazioni da dedurre. Quando si parla di una password contenuta in una poesia, sorprendentemente, si intende proprio una poesia. Inconcepibile secondo gli standard di Brown, nei cui libri, come minimo, se si parlava di una poesia, si intendeva un’equazione quantica sulla biologia extraterrestre.

Secondo: la scoperta non ha assolutamente nulla di sensazionale, e probabilmente la profezia futuristica che vi tiene avvinghiati alle pagine l’avrà pronunciata anche vostro zio l’altro giorno al bar.

Morale? Saltate tutte le 500 pagine di Brown e leggete solo questa frase: tutte le altre 499 pagine e mezzo le conoscete già, a meno che non vogliate farvi una cultura sulla storia artistica e architettonica di Barcellona, Madrid e Bilbao.

Se le leggi della natura sono così potenti da creare vita, chi ha creato quelle leggi?

Dubliners: a Dublino si beve. Tanto.

Dimenticatevi l’Ulisse. Dubliners, Gente di Dublino, pubblicato nel 1914, è forse quanto di più lontano dalla soggettività interiore dell’Ulisse: tutti i suoi personaggi concorrono alla descrizione sociale di Dublino, soggetto collettivo. Una raccolta di 15 racconti, ciascuno sotto le venti pagine: comodissimo per chi decide di leggerlo nei ritagli di tempo, visto che in una ventina di minuti si chiude un arco narrativo completo (sempre che riusciate ad avere a disposizione venti minuti filati di tranquillità). Completo però solo nel senso che finiscono le parole e nella pagina accanto ci sta un nuovo titolo, perché definire “completi” i racconti di Joyce, nel senso convenzionale del termine è un po’ azzardato: quasi sempre siamo introdotti in una storia che rimane in sospeso, a volte senza svelarci il suo esito finale.

dublin-dubliners-james-joyceDall’adolescenza alla vecchiaia, la gente di Dublino è debole, tendenzialmente invidiosa, scialba e preda dei vizi.  Proprio la descrizione a cui tutti aspirano. La violenza e le dipendenze fanno parte di una comune quotidianità, e perdono il loro carattere di eccezionalità. Tutti i dubliners vivono in modo misero, per motivazioni economiche, affettive o familiari, ed è sufficiente una foglia che cade perché si rendano conto di essere, il più delle volte, intrappolati, e incapaci di uscire. Paralisi psicologiche che li legano a una profonda insoddisfazione. Ed è violenta la contraddizione tra quello che vorrebbero fare e quello che poi in realtà , quasi senza l’autorizzazione della propria coscienza, si troveranno a fare.

Tutti, poi, a Dublino bevono, e tanto: in ciascuna storia, Joyce ci infila un ubriacone, un alcolista, o qualcuno che, invariabilmente, anche se non ha mai bevuto in vita sua, proprio in quel momento decide di ubriacarsi: problema sociale, o pubblicità dell’irresistibile birra irlandese?

Nemesis: solo se venerate molto Asimov

Siete appassionati di fantascienza, e Isaac Asimov è il gigante che ha modellato parte del vostro immaginario. Vi imbattete in Nemesis, e lo iniziate a leggere perché la trama vi sembra avvincente, o perché stampato a caratteri cubitali, sopra o sotto il titolo, ci sta il nome dell’autore. Qui però siamo lontani anni luce (notare l’azzeccatissima metafora) dalla forza narrativa e stilistica che contraddistingue i migliori romanzi di Asimov.

Nemesis
Prima edizione del romanzo, 1989

Disgustata dal sovraffollamento della Terra, una Colonia, enorme astronave autosufficiente, decide di avventurarsi nello Spazio verso una nuova stella appena scoperta: Nemesis, la cui esistenza viene tenuta nascosta per timore di una fuga di massa. Nemesis, infatti, è in rotta di collisione con il Sistema Solare, e il suo passaggio distruggerà la Terra. Attorno alla nuova stella orbita un gigante gassoso, e attorno a questo Eritro, un pianeta vagamente minaccioso, da cui Marlene Fisher, adolescente dotata di poteri psichici, si sente attratta. Il confronto con la vita aliena, scarsamente presente in Asimov, si manifesta timidamente nel racconto, ma mantenendo sempre la veste di una minaccia controllabile, mai in concorrenza con l’uomo.

La trama, condensata in queste pochissime righe sembra avvincente, ma il libro è noioso: 350 pagine di cui la metà sono dialoghi in cui Marlene cerca di convincere sua madre a farle fare quello che vuole, e la madre cerca di convincerla a non farlo, e tutti si convincono a vicenda e convincono Marlene a fare o non fare qualcosa. Tutti si trovano sempre nel momento giusto al posto giusto, e hanno le intuizioni giuste e arrivano esattamente nell’istante in cui servono.

Nemesis sarebbe potuto benissimo essere un lungo racconto di un centinaio di pagine al massimo, ma è diventato, per sua sfortuna, un libro: tutte le (poche) idee innovative che potete trovare in Nemesis sono diluite e sporcate dall’infinita ripetitività del racconto.

 

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